I dischi del mese - Gennaio 2010
Bellini - The Precious Prize Of Gravity
I Bellini non hanno ancora ottenuto cio che gli spetta (e neppure gli Uzeda se vogliamo dirla tutta)
In ogni caso Agostino Tilotta e Giovanna Cacciola hanno sempre tenuto alta la scena catanese e hanno
sempre prodotto un ottimo math rock.

The Precious Prize Of Gravity (Temporary Residence) è il loro terzo album e conferma quanto di buono
emerso nelle prove precedenti. "Wake up under a truck" apre il tutto e ci immerge subito in
quell'atmosfera americana che ormai li contraddistingue (gli altri due mebri della band sono Matthew
Taylor e Alexis Fleisig).

"Susie" inizia con una chirtarra acustica per poi trasformarsi in una ballata malata di quelle che cantava (e
che canta ancora) Patty Smith. Accttivante e piena di cambi di ritmo la strumentale "The Man Who Lost
His Wings". In "The thin line" sembra di ascoltare i migliori Sonic Youth (il cantato femminile porta a
rimembrare Kim Gordon)



In qualche modo il mood dell'album ricorda anche, in certi passaggi mid tempo gli "Unsane" e i
"Come", soprattutto per quegli episodi in cui è il blues ad essere rivisitato.

Non saranno innovativi ma a me piacciono.

Produce il tutto Steve Albini.
I dischi del mese - Febbraio 2010
Ludovico Einaudi - Nightbook
Non ho mai nascosto il fatto che Einaudi un po’ mi rompa un po'i coglioni. E tendenzialmente direi che, in
generale, potrei confermare questa tesi. Questo disco però è più bello degli altri che ho ascoltato.

Forse perchè il titolo evoca un mood notturno che nel disco c’è tutto, forse perchè certi passaggi mi fanno
quasi paura e mi fanno pensare a un film dell’orrore, forse perchè certe canzoni (Lady labyrinth) hanno
molto più ritmo di quanto è lecito attendersi.

Einaudi stesso dice del disco: “Nightbook è un percorso, ogni brano è il capitolo di una storia, la
sfaccettatura di un prisma, uno sguardo possibile sulle esperienze che appartengono al lato più onirico,
più interno di noi stessi. La musica apre delle porte su mondi nascosti. Ascoltandola, ognuno può riuscire
a entrare in contatto con le proprie emozioni profonde”. Ed in effetti questo è ciò che succede ascoltando
il disco.

Capiamoci, se lo mettete su durante una rave party non otterrete grande successo.
Se invece riuscite ad azzeccare il momento giusto (che obbligatoriamente
deve essere dopo che su New York sono calate le prime ombre della sera)
forse allora qualche benefico effetto sulla vostra psiche potrete ottenerlo.
I dischi del mese - Marzo 2010
Tre allegri ragazzi morti - Primitivi del futuro
Primitivi del futuro non è un album pretenzioso ma leggero. Con qualche canzone veramente notevole.

I tre brani di apertura sono molto belli. Il primo, roccheggiante si intitola "La ballata delle ossa" è ha un
ritornello killer. "Mina" è invece una bellissima ballata. "Puoi dirlo a tutti" è secondo me il pezzo più bello
di tutto il disco, con un testo bello e intelligente.

Poi si passa al reggae e a volte sembra di ascoltare gli "Africa unite". "So che presto finirà" è un po' triste
e "Codalunga" è divertente.

C'è anche il tentativo di mettere qua e là qualche testo combattente, ma secondo me non è il loro lavoro.

La voce di Davide Toffolo è molto bella e presente e ben si presta a quest nuova avventura "in levare" del
trio.

Probabilmente un po' di queste canzoni faranno parte della mia playlist estiva.
I dischi del mese - Aprile 2010
The record's - De fauna et flora
De Fauna Et Flora è il secondo disco dei bresciani The
Record’s.

Ed è un disco gentile, capace di far emergere quella
verve pop che non è dominio di tutti.

Il disco non è quindi di quelli che fanno gridare al
miracolo, però è divertente e contiene dei pezzi molto
belli. Innanzitutto "I Love My Family”, che sembra essere
quasi un omaggio agli Housemartins.

Molto ben riuscita anche “We All Need To Be Alone” che
presenta un ritornello a più voci che non ti molla più. Più
riflessiva, ma non meno azzeccata risulta essere “Mr.
Hide”, dove si fa addirittura utilizzo degli archi.

C'è anche dello swing con "Rodolfo" quasi a voler
ricordare il Wilson del tempo che fu.

Con “Colossus" sembra di essere in un disco dei Franz
Ferdinand e risultano azzeccate anche "Turtles will mind
your fate" e "on our mind", indie pop elettro acustico.

La band è nata attorno al 2002 ed è composta da
Gaetano Polignano (batteria), Pietro Paletti (basso) e
Pierluigi Ballarin (voce).

Noi accogliamo con calore questo CD che può tornare
utilissimo come feticcio propiziatorio per accelerare
l'arrivo di questa primavera che si fa attendere.
I dischi del mese - Maggio 2010
Clibro 35 - Ritornano quelli di .......
Un disco trascinante che vi catapulterà all’interno di un
poliziesco anni ’70, quelli pieni di inseguimenti e con i
dialoghi degni del migliore Sanantonio.

Si parte con Eurocrime! Ritmo indiavolato, fiati, chitarra
funky. Grande inizio. Con “La morte accarezza a
mezzanotte”, il ritmo si fa più rarefatto e il mood del pezzo
si basa tutto su tastiere vintage. Con “L’esecutore” si
ritorna al ritmo e le icone del Monnezza e di Maurizio
Merli ritornano con tutta la loro forza.

“Milano odia, la polizia non può sparare” è un super
classicone, fedele all’originale ma che suona molto più
moderno.
L’uso della voce (ma non del cantato) in “Convergere In Giambellino” dà un sapore unico al brano e ancora, la ricerca del groove, ne Il Ritorno
Della Banda-Parte II, contribuiscono a rendere internazionale l’appeal di questo disco.

I Calibro 35 sono il polistrumentista Gabrielli, Massimo Martellotta alle chitarre, Fabio Rondanini alla batteria, Luca Cavina al basso e Tommaso
Colliva. “Ritornano quelli di….” è il loro secondo disco e questa volta i compositori omaggiati sono Ennio Morricone, Riz Ortolani, Piero Umiliani,
Gianni Ferrio e Stefano Torossi.

Non saranno il massimo dell’originalità e probabilmente non potranno andare avanti una vita con questo repertorio, però questo disco è goduria
pura.
Bologna violenta - Il nuovissimo mondo
Nicola Manzan, violinista e chitarrista classico, ha
partorito un disco diverso da quelli che in genere si
sentono in giro.

E’ un progetto estremo, pieno di hardcore,
campionamenti con bpm insostenibili e di cut-up
sincopati sparsi ovunque, contrapposti a momenti di
(breve) estasi.

In qualche modo si possono azzardare dei paragoni con i
Naked city di Zorn. La voce che si sovrappone agli
intermezzi di pace è sempre recitata e prelude a delle
esplosioni hardcore. I pezzi sono quasi tutti brevi o
brevissimi.
Il disco, malgrado si veramente estremo, è pervaso da una forte dose di ironia che emerge dai testi (ottime in tal senso “Il sommo fallo” e Sono
diventati tutti mostri”). Le canzoni, ben 23, riescono a dire tutto quello che serve in poche battute, sia che parlino di infanticidio che di trapianti di
cazzo.

Non sono tanto le singole canzoni che fa di questo disco un opera interessante. E’ il suo insieme e la sua compattezza che suscitano interesse e
fanno si che l’ascoltatore abbia la curiosità di scoprire cosa succederà nel pezzo seguente.

Manzan ha collaborato, tra i tanti, con Offlaga disco Pax, con i Baustelle, col Teatro degli orrori e con quel morto in piedi di Ligabue.

Come si dice: chi fa da sé fa per tre.