I dischi del mese - Dicembre 2009
Various - 5 years of Hyperdub
Un disco di dance storta.Ascoltando "Psychic chasms"
tutto sembra stranamente ubriaco.

Lo si capisce dalla breve intro "(AM)" che mette in guardia
e il clima alcoolico viene confermato da "Deadbeat
summer" e "Laughing gas" che, come dice il  titolo, porta a
un'immediata euforia (anche nel pezzo si ride).

Alan Palomo, texano di origini messicane, riesce quindi a
farci divertire un sacco mescolando la tradizione synth-pop
degli anni '80 con tocchi di modernismo. Ascoltare "Local
Joke" ed "Ephemeral Artery" per rendersene conto. 

Sembra che il genere si chiami Glo-fi....
...... 
Non che impazzisca per il dubstep. Per capirci, non mi strappo i capelli quando esce il nuovo "Burial" o il
nuovo "Martyn". "5 years of Hyperdub" è però una raccolta essenziale che vale la pena di ascoltare. Il
disco è molto lungo e quindi al suo interno è possibile trovare pezzi eccezionali così come qualcosa di
discutibile.

Volendo addentrarsi un po' di più si possono citare "King midas" che apre il progetto e che mette subito
in chiaro quello che sarà il mood del disco, con un noise ondulante ad accompagnare tutto il pezzo.

Si procede con "Kode9" (Steve Goodman), che, nel 2004, ha fondato la Hyperdub e che per primo
(insieme a Lewis Beadle e Dave Jones) ha mischiato elettronica inglese con il dub giamaicano.
"Kode9" è presente con 6 pezzi. Devo dire che apprezzo maggiormente il suo lavoro come producer
piuttosto che la sua proposition musicale. In ogni caso, "Ghost town" riesce come non mai ad essere
fedele al titolo e "9 samurai" è un pezzo di gran classe.
Neon indian - Psychic chasms
Di solito i dischi pseudo ambientali sono alquanto pallosi. 

Riescono infatti ad annoiare anche quelli che li utilizzano rigorosamente come sottofondo.

Quindi quando capita di trovarne uno intrigante è sempre una piacevole sensazione.

"By the throat" si spinge molto su territori dark e si presenta come un'opera claustrofobica, quasi una
colonna sonora in attesa della fine del mondo che, come tutti sanno, è prevista per il 2012.

Il disco inizia assai disturbato (anche se in modo continuamente trattenuto) con "Killshot" e prosegue
disturbato anche nel pezzo seguente e in "Hibakusja", lunga suite che inizia classicheggiante e che deve
fare i conti con inserimenti elettronici nel suo incedere.
Ben Frost - By the throat
Data la penuria di buoni dischi in uscita mi sembra giusto
ripescare questo doppio live di Mr.Cohen che alla
veneranda età di circa 75 anni riesce a mettere su CD tutta
una carriera.

Per me che non ho vissuto le sue uscite in diretta, questo
disco è ha svolto la funzione del bigino e mi ha permesso
di recuperare, almeno parzialmente.

E quindi da "Dance me to the end of love" sino alle
classicissime "Suzanne" e "Closing time". Comunque
ascoltando questo concerto si capicse come il buddismo
faccia bene a corpo e mente.
Leonard Choen - Live in London
Mexican institute of sound
Soy sauce
Quando ho ascoltato i primi 3 pezzi di questo disco non ci
potevo credere. In "Waiting for the d train" sembra di
sentire MU!!! "The sun is down" è pura elettronica e "Ask
the elephant" è un pezzo che si possono permettere di
cantare in pochi.

Il disco poi si incanala in binari più classicheggianti per
poi spezzare di nuovo con la title track. Se fosse stato
tutto così sarebbe stato tra i migliori dischi dell'anno. Così
lo è lo stesso. E pensare che Yoko Ono mi è sempre stata
sul cazzo. Brava.
Yoko Ono
Between my head and the sky
I dischi del mese - Novembre 2009
Flaming lips - Embryonic
Ecco un disco che non ti aspetti.

In effetti i Flaming lips hanno, secondo me, avuto un successo di pubblico inversamente proporzionale
alla qualità delle loro proposte musicali. Anche l'ultima volta che li ho visti dal vivo non mi sono sembrati
un granchè, con Wayne Coyne senza voce, i pupazzi sul palco etc. etc. Mi ricordo che, alla fine erano
stati surclassati dal supporter Brendan Benson.

Detto ciò eccoli invece capaci di sfornare uno dei dischi più bizzarri, malati e psichedelici della loro
carriera, il più bello dai tempi di Telepathic surgery.

Il disco è molto lungo e contiene ben 18 pezzi.
Si parte con Convinced Of The Hex, in cui la batteria martellante scandisce il tempo del cantato
ossessivo di Wayne Coyne che ripete all’infinito There’s a difference between us…, mentre strani
beat rincorrono la chitarra distorta e sincopata acompagnata dal basso pulsante.

Segue l’oscura e notturna The Sparrow Looks Up At The Machine, un mantra psichedelico e
ripetitivo che opprime i sensi e soffoca lentamente, lasciandoci cullare dalla dolce ballata
crepuscolare Evil, dove beat leggeri si intersecano con le partiture di pianoforte sussurrato e
drone elettronici. Con Acquarius Sabotage viene contrapposto il rumore distorto delle chitarre e
delle percussioni alla soavità di note d’arpa che spiegano le ali fino ad infrangersi in un silenzio
sinistro, che lascia spazio al basso pulsante e noir di See The Leaves, che sfocia in un finale
ambient in cui una tastiera tremolante detta il tempo alla voce di Wayne Coyne che si spegne
lentamente.
John Zorn - O'o
Quest'uomo è assolutamente incredibile.

Ormai anche le riviste specializzate non sanno più cosa
scrivere di lui e soprattutto fanno il giochino di parlare
male di un disco ogni dieci in modo tale da poter dire
del successivo che è un capolavoro.

O'o (uccellino hawaiano dal canto melodioso, estinto a
fine anni Ottanta) è, come al solito, bellissimo e fa parte
del catalogo easy listening del nostro. La formazione è
la stessa di Electric Masada (Baron, Baptista, Dunn,
Ribot, Saft e Wollesen), ma senza Zorn al sax alto.
Il vibrafono la fa spesso da padrone, rendendo il tutto molto exotico e la presenza al piano e al Fender Rhodes di Jamie Saft danno un tocco
decisivo al mood dell'album: basta sentirsi "Mysterious Starling", klezmer neoclassico sopraffino, o la coltre malinconica e crepuscolare di
"Kakawahie" – unico episodio meno "caldo" e più notturno - , per rendersene conto.

Il disco regge per tutta la sua durata senza annoiare mai offrendo tre fenomenali centri di pura classe, come "Magdalena", klez-rock imbevuto nella
psichedelia lisergica, l’ancora migliore "Piopio", afoso swing dominato dalle percussioni di Cyro Baptista e la classica samba "Solitaire".
Che dire oltre se non augurarsi che si estingua in fretta qualche altra specie animale protetta?
Jackie-O Motherfucker - Ballads of the revolution
Psichedelia pura vecchio stampo ma moderna. Questa è la musica di Jackie.

Il CD si apre con una classico americano, "Nightingale", in cui la fa da padrone la steel guitar e che Bob
Dylan pagherebbe caro per riuscire a comporla oggi. Ma è con "Dark falcon" che si inizia ad entrare in
quel mood psichedelico molto stralunato cui ci ha abituati Jackie.


"Skylight", a seguire, è una bellissima (lunga) ballata con
voce sognante e con un incidere che da morbido si fa man
mano più tirato e con le chitarre che diventano sempe più
"spaziali".

"The corner" è il pezzo più notturno del disco e introduce
"The cryin sea" il secondo pezzo lungo del CD,
psichedelico e acido.

Anche in questo caso, come per Skylight, il livello è
elevatissimo.

Il CD, 6 brani, si chiude con la semi-acustica "A mania",
impreziosita da voce femminile. Il gruppo è in giro dal 1994
e ogni tanto ci regala delle perle.
Health - Get color
Kill the vultures - Ecce beast
"Ecce beast" prosegue in modo sublime la strada
tracciata dall'esordio omonimo e da "Careless flame".

Il genere è avant-hip hop (+ avant che altro) e cioè un
qualcosa che di solito non mi fa girare la testa.

Eppure qui ci troviamo di fronte a un disco notturno, ricco
di phatos jazz e capace allo stesso tempo di utilizzare con
maestria fiati, archi e feeling acustico ("14th Street Ritual",
"Spare Parts", "The Big Sleep") come di incorporare
quelle trame noise tanto esaltate dai Public enemy in una
forma sotterranea che si infila sotto pelle.
Nulla sapevo di questo quartetto californiano prima di Get
color. Ascoltando il pezzo di apertura (In heat) ha capito
subito che sarebbe stato un disco degno di un ascoltino.

I ritmi stanno alla base del tutto e servono a rendere i pezzi,
anche quelli con trame complesse, immediati e orecchiabili.
In certi momenti assomigliano ai My bloody valentine ma
rispetto a loro hanno un piglio meno oscuro.  

L'elettronica è presente ma non invadente

Il disco dura poco e questo è un altro pregio.
Wevie Stonder - The bucket
Stroncato e minimizzato da quasi tutta la critica, a me
questo disco è piaciuto. E' vero, forse giogioneggia un po'
troppo nella ricerca dell'effetto strano e del ritmo
impossibile, però ci sono più idee qui che nel 99% dei
dischi che mi capita di ascoltare (quasi tutti noiosissimi e/o
inutili).

Loro si autodifiniscono "absurd electronic provocateurs" e
l'ascolto di "The bucket" conferma appieno il loro auto
proclama. Da un punto di vista dell'impostazione, ricordano
molto il Zappa più folle e destrutturato e i Butthole surfers
meno iconoclasti. Creativo.
I dischi del mese - Ottobre 2009
Talibam! - Boogie in the breeze block
Ho la sensazione che "Boogie in the breeze blocks"
andrà molto vicino a diventare il mio album preferito del
2009. E pensare che il primo pezzo mi aveva fatto
pensare a un qualcosa di troppo avant per le mie povere
orecchie.

E invece …..

Invece a partire dal secondo brano ci si trova di fronte a
una delle migliori prove di free art a cui io abbia avuto il
piacere di partecipare negli ultimi anni. Matthew Mottel
(piano, synth, voce e tanto altro) e Kevin Shea (batteria e
voce) sono infatti riusciti a coniugare tutti i generi musicali
(prog, jazz, atmosfere noir, rock, noise, impro, funk, arty)
in una miscela esplosiva e mai banale.
E l'hanno fatto insieme a musicisti eccezionali come Jon Irabagon al sax tenore (migliore musicista per il Thelonious Monk Jazz Institute nel 2008),
Peter Evans, Chris Forsyth (chitarrista dei Peeesseye), Anders Nilson e Tim Dhal, solo per citarne alcuni.

La musica rimanda immediatamente a quella New York (loro sono di Brooklyn) artistica e sotterranea, sempre pronta a imporre stili e mode e
sempre un passo avanti a tutti in ambito musicale. Ogni brano fa pensare al fatto che quello seguente non potrà essere così bello, potente,
divertente e innovativo. E invece si. Per tutto il CD è un continuo susseguirsi di emozioni, di sorprese e di classe elargita a piene mani.

I Talibam! fanno con la musica un po' quello che fanno Ibrahimovic e Messi con il pallone e cioè quel cazzo che vogliono.

Disco strepitoso.
Micachu & the shapes - Jewellery
Ecco uno di quei dischi che ti sembra di conoscere sin dal
primo ascolto.

Si perché tutte, ma proprio tutte le canzoni, hanno un refrain
orecchiabile che non ti molla più.

Inoltre la durata media è mediamente molto contenuta (sui
2 min.) cosa che aiuta molto ad evitare inutili sbrodolate.

Il gruppo si chiama Micachu and the Shapes e proviene dal
Surrey, una contea dell’Inghilterra sud orientale, dove le
influenze del pop londinese sono evidenti.
L’hype intorno a questo disco, giustificato direi, è alimentato dal fatto che esce per Rough Trade, che è prodotto da Matthew Herbert e, last
but not least, dal fatto che la cantante Mica, malgrado i suoi 21 anni, esibisce una scrittura fresca e piena di spunti brillanti.La musica è un
miscuglio di generi diversi (elettronica, rock, avanguardia, etc.) che vengono riuniti sotto il cappello dell’immediatezza pop.

Ritmi spesso sostenuti e strumenti indecifrabili candidano "Jewellery" tra le uscite più fresche e divertenti dell’anno.
Lightning bolt - Earthly delight
I Lightning bolt sono un duo ma fanno casino per 15.

Vengono da Rhode Island e dalla scena RISD (Rhode
Island School of design). Devo dire che non li ho mai seguiti
con attenzione e solo ultimamente mi è capitato di vederli
dal vivo.

Beh, devo dire che un batterista così l'avevo visto
solamente nei Flying Luttenbachers.

Il disco, a parte un paio di pezzi, è un assalto sonoro
allucinante capace però di non essere piatto e monotono (il
che vuol dire che si riescono a distinguere le canzoni).
Pensate a dei Melvins velocizzati e alle cose più hardcore dell'hardcore punk dei primi anni ottanta. Sono pure amici degli Zu e ciò non mi
stupisce affatto.Dal vivo sono un esperienza catartica.

Chippendale indossa una maschera voodoo cucita con stracci colorati e piume, non suonano su un palco ma in mezzo al pubblico e preferiscono
spazi casuali (cucine, marciapiedi, parcheggi) a club affermati. John Peel li adorava e li ha invitati spesso alle sue sessions come dimostra il
filmatino che allego qui sotto.

Forse non saranno degli innovatori tout court ma a me stanno veramente molto simpatici
Mayyors - Deads (EP)
Mi ha colpito la recensione di Blow up di due righe che
riporto: "Noise-garage assatanato e cafone: un gruppo
immenso, un disco della madonna".

In effetti sono solo 4 pezzi ma sono sufficienti a far capire
di che pasta sono fatti i Mayyors. In particolare fate
attenzione ai brani a2 (Ghost punch) e b1 (Clicks). Clicks
ha un "tiro" irresistibile e potrebbe diventare il pezzo
garage dell'anno.

I Mayyors assomigliano agli Hospitals e agli Hunces ma
sunonano più veloce e meglio. Chiaramente le canzoni
vanno sentite a volume molto alto per apprezzare il tutto.
Buon divertimento.
Ikue Mori - Class insecta
Di solito faccio fatica a trovare un disco Ambient che mi
soddisfi sino in fondo.

Troppo lunghi, troppo fermi, troppo avant. Io invece che
sono un sempliciotto preferisco ritmo e sangue. Mi ha
quindi colpito questo disco di Ikue che utilizza i ritmi per dar
forma a un'esperienza "ambientale".

Nel senso che questo disco, oltre poter essere ascoltato in
cuffia per goderne i passaggi più eleganti, può essere
tenuto come sottofondo in casa o in auto senza che ci si
addormenti o che si vada a sbattere.
Land of kush - Against the day
Musica mediorientale e nord africana fatta da un canadese
(che ora si fa chiamare Sam Shalabi) che la trasforma in
psichedelia pura.

Questo disco rientra nelle pillole e non nelle review
principali solo perchè è uscito già da un po' (aprile 2009)
ma meriterebbe ben altra attenzione.

I pezzi sono 5 e sono molto lunghi. Il disco riprende
l’omonimo libro di Tomas Pynchon, al punto che sembra
quasi una colonna sonora (5 composizioni con lo stesso
titolo dei 5 capitoli del libro).
I dischi del mese - Settembre 2009
Oneida - Rated O
Rated O è il miglior disco degli Oneida, secondo me
anche meglio di “Each one teach one”, universalmente
riconosciuto come il loro capolavoro.

Qualche considerazione.

Innanzi tutto parlare di album è riduttivo, visto che ci
troviamo di fronte a un’opera monumentale di 3 CD che
sono, peraltro, molto diversi tra di loro. Inoltre il progetto si
inserisce all’interno di una trilogia denominata “Thank your
parents” che ha preso inizio nel 2008 con l’album Preteen
Weaponry. Il contesto è quindi più allargato rispetto a
quello di una normale uscita o ai messaggi che può
veicolare un concept-album.

Per quanto concerne l’aspetto prettamente musicale, la maratona (più di due ore) inizia con il CD più elettronico e “moderno”.L’intro è veramente
speciale. “Brownout in Lagos" è un kraut dub con mille diavolerie elettriche ed echi sparsi a contorno. Molto bello. Altrettanto accattivanti sono
“What’s up jackal” e “10.30 at the oasis" che spaziano tra minimal techno e dub elettrico. Mi piace meno invece l’esercizio avant-garde di “The
human factor”.

Il secondo disco esibisce un registro molto più tradizionale. Trattandosi di Oneida, sapete bene che per tradizionale non si intende Willie Nelson.
Piuttosto si potrebbe utilizzare la definizione che Lou Reed aveva dato di “Metal machine music” e cioè l’unica musica tradizionalmente rock che
ha senso suonare oggi.

Tradotto significa un patchwork di acido, hard rock e noise che genera un sound talvolta trattenuto (la bellissima “Saturday”) e talvolta no (“I will
haunt you”). Discutibile solamente il finale di “Ghost in te room” che porta l’ascoltatore allo sfinimento un po’ come faceva “Shit of easter” nel disco
“Each One teach one”. Forse dal vivo avrà pure un senso, su CD invece l’unico effetto che ottiene è quello di far incazzare mia moglie e i bambini
(vittime delle mie scorribande sonore).

L’ultimo CD porta i binari del suono sulla psichedelia pura. Può piacere o no. A me piace molto.
“O” è uno dei pezzi più intriganti che siano stati mai prodotti dagli Oneida malgrado si avvicini molto a un genere, quello new age, che io non
digerisco più di tanto. “End of time” rappresenta un oscuro passaggio verso la conclusiva “Folk Wisdom” che, seppure di notevole livello, risulta
forse leggermente dilatata.

In attesa del terzo capitolo…….

Citazione di Lou Reed relativa a Metal Machine Music "Se questo disco non vi piacerà, non vi biasimo. Non è per voi. La mia settimana scandisce
il vostro anno”
Heliocentrics & Mulatu Astatke - Inspiration information
Mi sono sempre piaciuti gli Heliocentrics.

Piacevoli, misurati e mai banali.

Questo disco però è un’altra cosa.

E’ la fusione tra Sun Ra, jazz, musica etnica e le cose più
tranquille della collana Ethiopiques che, mescolate
opportunamente, generano una musica fresca e allo stesso
tempo famigliare sin dai primi ascolti.

Il primo pezzo (Masenqo) si differenzia leggermente dal
resto del disco in particolare per il fatto di essere l’unico
brano cantato (Yezina Nagash da la voce).
Om - God is good
Super psichedelia da "Drag records". 4 pezzi 4 per uno dei
CD più drogati e mistici degli ultimi anni.

Si inizia con "Thebes" raga di 20 minuti in cui emerge tutta
la spiritualità di questo disco (peraltro la copertina non
lascia spazio a tanti dubbi).

Si prosegue con "Meditations is the practice of death".
Anche qui permane il tema mistico ma i ritmi sono un po'
più movementati e la voce meno cantilenosa.

Si chiude con "Cremation ghat I & II".
Emeralds - What happens
Questo è un disco che possibilmente va ascoltato in cuffia
e senza distrazioni.

E' solamente così che si può gustare il sound cosmico alla
Popol Vuh e NEU! che propongono gli Emeralds.

Il CD è composto da 5 lunghe composizioni che
propongono drones più o meno sotterranei.

Molto belli quelli liquidi di "Damaged kids" e quelli
maggiormente distesi di "Up in the air". Il pezzo più bello è
però quello conclusivo (Disappearing Ink) molto ambient e
celestiale.

Per lasciarsi andare
Blank dogs - Under and under
Se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, questo
disco di Mike Sniper parte molto bene.

"No compass" è infatti una summa perfetta di quel sound
che pesca a piene mani da una certa new wave anni '80. "I
machine", a seguire, non starebbe male in "Call of the west"
dei Wall of Voodoo.

Ci sono anche altri pezzi molto belli. "Open shut" è
sotterranea e lo-fi, "Setting fire to your house" sembra
scritta dai Cure di "Boys don't cry" così come "Falling back".

Man mano che si prosegue con l'ascolto ritornano alla
mente fasti passati.

Questo disco è una sorta di usato sicuro.
Yatch - See mistery lights
Un disco DFA molto danzereccio.

Jona Bechtolt è riuscito a fare un disco molto orecchiabile
ma non stupido, che rasenta a tratti il R&B (con alla voce
Claire Evans) come nella bellissima "The afterlife". "I'm in
love with a rapper" la conoscono tutti e gode pure di remix
e "I'm boring" cita tanto gli LCD Soundsystem.

"Psychic city" ricorda invece quelle ballate tranquille con
ritornello irresistibile.

Anche "Summer song" ricorda gli LCD Soundystem e mi
fa molto ridere il filmatino qui di fianco allegato.
Preferisco in ogni caso i "Flying lotus" che da sempre sono tra i miei preferiti del lotto. Qui sono
presenti solamente con "Disco balls" che peraltro non è sensazionale (hanno fatto di molto
meglio). I "Black chow" presentano quello che potrebbe essere l'hit del disco e cioè "Purple
smoke", accattivante assai. Belli i pezzi di "Zomby", sia "Tarantuala" che "Kaliko" e soprattutto
"Spliff dub" dubbone elettronico che a volte ricorda "Lee Perry".

Chiaramente c'è anche "Burial" con 3 pezzi uno più oscuro dell'altro. Devo ammettere che
"Fostercare" e, soprattutto, "Distant lights" sono tra i brani migliori dell'opera. "Burial" più di tutti
riesce a rendere l'idea del bassofondo londinese, dello scenario apocalittico e questo gli va
riconosciuto.
Ci sono poi tanti altri fedeli dell'Hypedub in questa raccolta che dura
circa 3 ore, da "Lv" (il più giamaicano) a "Jocker", passando tra
"Samiyam" e "Darkstar" (e altri ancora).
Non ci sono pezzi che spiccano in modo definitivo sugli atri in termini di orecchiabilità ("Purple smoke" a parte). E'
più che altro il mood generale del disco che spinge sui bassi e che crea quell'ovatta novembrina che ben si adatta
ai sottofondo serarali di questo periodo.

Cool things.
Molto bella "Peter Venkman pt1" introdotta da voci angeliche e la "pt2" introdotta invece da voci
tombali.

I dischi di questo genere, però, non sono rappresentati da questa o quella canzone ma dal mood
complessivo che riescono a trasmettere.

E in questo la sensazione che rimane è stranamente rilassannte, dati i contenuti.

Ben Frost è australiano e, visto che non riusciva a stare in una terra così densamente popolata ha
deciso di trasferirsi in Islanda.

Ad ascoltare la sua musica molto si capisce del personaggio
.
Ecco un disco stupidino ma assai simpatico. Già da
"Cumbia" si capisce dove vuole andare a parare.

E, a seguire, come è possibile resistere ad "Alocatel" o a
"Karate kid 2"?.

Il resto è alquanto piacevole nella maggior parte dei casi
("Heidra Venenosa", "Te quiero mucho") e solo
raramente si scivola su qualche buccia di banana ("Yo digo
baila" e "White stripes"). Nel compesso mi ricordano gli
"Acertopelados" più divertenti e scanzonati.
Se qualcuno nelle vacanze di Natale dovesse decidere di fare un salto a Tulum se lo porti dietro che il divertimento è assicurato.
La ballata leggera If e la crepuscolare Gemini Syringes lasciano spazio ai ritmi basso/batteria di Your Bats.
Poi si arriva ai sei minuti della jam strumentale Powerless funzionali ad introdurre The Ego’s Last Stand, space rock potente che si chiude con un
finale narcotico e vertiginoso.

La ballata I Can Be A Frog vede Karen'O divertirsi con inserti telefonici e passa il testimone alla mini suite stellare di Sagittarius Silver
Announcement. Collaborano all'album anche i MGMT nel pezzo Worm Mountain. In conclusione Scorpio Sword con le sue aperture orchestrali
mestose, Impulse, ballata riverberata di echi French Touch, Silver Trembling Hands e Watching The Planets, dove la sezione ritmica gioca ad un
botta e risposta con i cori.

Decisamente un disco che non ti aspetti. Ottimo
Per questo CD, autoprodotto, i KTV sono rimasti solamente in due: Crescent Moon, che si occupa del rapping flemmatico e poetico e Anatomy
alla produzione e alle manipolazioni elettroniche. In certi momenti mi ricordano i "Disposable heroes of hiphoprisy" di M. Franti. Disco prezioso e
political correct
Oltre a batteria e drum machine sono presenti innumerevoli "glitcherie" che rendono i pezzi molto piacevoli. Il disco esce, chiaramente, per Tzadik
e anche questo è, per la maggior parte delle volte, sinonomo di garanzia.
I pezzi migliori sono quelli in cui Jason Grimmer canta sulle scale arabe di Iceland Spar e Bilocations in cui Molly Sweeney si cimenta con il pop
medio-orientale. Il tutto coperto da un aurea mistica che è difficile ritrovare se non nei raga tradizionali indiani.
Poi è un susseguirsi di tradizione musicale della chiesa copta ortodossa piuttosto che di classici della tradizione popolare etiope. Gli strumenti
utilizzati sono, a parte il famoso vibrafono con cilindri in alluminio, per lo più tradizionali come il krar (lira a sei corde), il washent (flauto di bambù),
il masenqo (viella monocorde) o la begena (specie di arpa a dieci corde).

Dal vivo sembra che sia uno spettacolo indimenticabile.
La prima incorpora solo in sottofondo i ritmi indiani e ha un ritmo brillante, quasi a voler ricordare il corteo che porta ai ghat giù al Gange.

Il secondo pezzo mi ha riportato direttamente a Varanasi 20 anni dopo il viaggio che ho fatto in India. E quasi mi sono commosso.
Il disco, che è prodotto molto bene, non sarà una pietra miliare del rock ma diverte assai grandi e piccini e non solo i devoti del dancehall.